sabato 25 settembre 2010

CICLOPURISMO ANNO 1 - NUMERO 1


Editoriale
Se hai il fegato spappolato dalle maltodestrine e dai ramificati, se passi notti insonni prima della gara sperando che facciano l’antidoping, agli altri e non a te… sei pronto per (il) Ciclopurismo; se la fontana di Calestano è il tuo totem per trovarti col “mucchio selvaggio” e scannarti in volata in mezzo ai tir della Bartolini all’incrocio di Sala (il) Ciclopurismo fa per te; se i “circuiti bacinella” di un chilometro e mezzo da ripetere 47 volte ti hanno stancato, il tuo nuovo target è solo e soltanto (il) Ciclopurismo.
Buona lettura!

Voltare per Volterra
L'unico ciclopurismo possibile in Etruria senza vento contro La chiamano Costa degli Etruschi e ci corrono pure la prima gara di stagione i nostri beneamati professionisti, va da Livorno alla Maremma, ma non c’è bisogno dell’arte aruspicina, con la quale l’antico popolo tirrenico prediceva il futuro, per capire da che parte tirerà il vento. Spira dappertutto, tranne – forse per un misterioso sortilegio del suo lucumone (sovrano e sommo sacerdote) – che in direzione di Volterra.
Vai a sapere…e poi se cercate la pianura la trovate solo sulla litoranea, la celeberrima S.S.1, più nota come Aurelia. Se non volete mettere a repentaglio i vostri preziosi quadricipiti femorali, allora puntate piatto, piatto su Rosignano Solvay, dove da cent’anni producono la soda, che non è certo un aminoacido ramificato, ma una sostanza che entra nella fabbricazione del sapone, prodotto che a noi ciclopuristi, comunque, non può che fare bene. Per i salitomani, invece…niente paura, anzi niente pianura! Se volete il vento in poppa dovete svoltare per Volterra e fino alle Saline – sospinti da Eolo (che non è uno dei 7 nani, ignoranti: è il dio greco del vento) - ve la cavate a buon mercato solo con qualche ondulazione. Ma se volete raggiungere la straordinaria Piazza dei Priori dove campeggia uno dei più bei palazzi municipali medievali del mondo (a proposito, qualcuno sa se c’è un apposito campionato mondiale ? Ormai li fanno per tutto, dalla pizza ai cavatori di spine nei fichidindia) dovete salire, eccome se dovete salire. Se poi siete dei malati delle pendenze, allora vi raccomandiamo tutti i paesi che di cognome fanno “Marittimo” o “Marittima”. Oh, non ce n’è uno che sia sulla riviera, son tutti arroccati su dei cocuzzoli a prova di invasione saracena, che per raggiungerli c’è da “boffare” come la littorina della Val di Cecina. Citiamo per la precisione: Rosignano Marittimo quota s.l.m. metri 147, Castellina Marittima 375, Casale Marittimo 214, Monteverdi Marittimo 364 e così via fino ad esaurimento…dei polmoni.
Ma per noi “puristi” il top etico lo raggiunge Castelnuovo Misericordia, sentimento di cui voi peccatori delle due ruote avete tanto bisogno! Se poi vi piacciono gli scacchi e l’araldica, due cose che stanno bene insieme, Guardistallo e Montescudaio fanno per voi. Se volete trovare qualcosa che sbuffa più di voi, orientatevi su Larderello o (al gioco delle tre) Pomarance, dove sgorgano gli impertinenti soffioni boraciferi. Ma il culmine è rappresentato da Micciano. Provenienti da Montegemoli, borgo splendido nella sua essenzialità – tre galline, due bicchieri all’osteria e una torre senza più castello – e per il silenzio d’altri tempi che vi regna, pedalate per amene vallate, convinti che l’unica fatica sarà il vento (sempre lui) in faccia che vi troverete tornando verso la costa. E invece no, basta il giro di una curva e vi ritrovate una bella rampazza al 12% che è solo l’antipasto di quel che verrà più avanti. Alzate lo sguardo e in cima ad un bernoccolo, 500 metri verticali più su c’è un paese. Ma figurati se la strada passa di là…adesso svolta e poi scende nella convalle. No, la strada sale proprio là! Dopo poco inizia una mortiroleide di tornanti da bombola ad ossigeno immediata. Se incontrate qualcuno - per la dantesca piaggia diserta - vi dirà:
- “Codesto è Micciano.”
- “Come, codesto ?”
Eh sì, i toscani lo sanno bene l’italiano, perché “codesto” è lontano da chi parla come pure da chi ascolta…o no ? Forse no, è “quello”, ma ormai siete alle allucinazioni e non ve ne frega più niente della sintassi. Per un bicchiere di spuma al tamarindo dareste due anni di vita. Mah?Poi uno si chiede come mai uno come Bettini sia nato da queste parti. Altro che cardiofrequenzimetri e altre diavolerie moderne: vento (dovunque) e salite (idem) creano i campioni!

L'è...roica, ma mi son tut rot!
Come sopravvivere dopo 12 ore di bici in pieno agosto nei deserti della Toscana "saudita"
Per uno che ha sulle gambe una Maratona dlas Dolomitas da 190 chilometri con Campolongo (due volte), Gardena, Sella, Fedaia, Valparola e Giau, una Fausto Coppi da 243 con nel menù Agnello, Vars e Maddalena e i 270 km di una Roubaix, ‘sta dell’Eroica, seppur da duecentomila e rotti metri, con le sue dolci collinette dalla forme arrotondate come le poppe della Belen, può sembrare una bazzecola. Non ditelo. Anzi non pensatelo nemmeno. Si sa che il ciclopurista, come il buon credente, non può peccare né in parole, opere, omissioni e tanto meno in pensieri. In quel di Gaiole in Chianti, una giornata d’estate, uno s’avvia bel bello, di prima mattina, col freschino nella schiena, ma poco dopo s’imbatte nel drizzone sterrato del Castello di Brolio, dove il “barone di ferro” Bettino Ricasoli ha inventato il Chianti classico, quello dal gallo nero sull’etichetta per intenderci.

Ma qui di galli a dar la sveglia non ce n’è proprio bisogno, ci pensa quest’erta micidiale da fare col manubrio fra i denti (se i pirati avevano il coltello, i ciclisti…precisazione inutile). Poi se uno arriva a Pianella e si dice, se l’etimologia non inganna, che finalmente troverà della pianura. Manco a dirlo. Da qui comincia un tourbillon di salite, rampe, declivi, acclivi, coste, pendii che non basta il vocabolario dei sinonimi per definirle tutte. Tante scalate, altrettante discese ovviamente, ma di quelle com’è noto, ci s’accorge di meno… Da un lato il Castello delle 4 Torri, una specie di Torrechiara senese (lo dico per i parmensi), dall’altro il magnifico panorama della città del “buon governo” con la sua torre del Mangia a far ombra a Piazza del Campo. Tutta sta perifrasi per dire che a mano destra vedrete Siena per intero. Da Radi a Murlo su un toboga in brecciolino fino a un duplice filare di cipressi di carducciana memoria, ai lati del quale stanno spianando la collina per farci un campo da golf da trecentottanta buche che neanche tutte le marmotte viste sulle Dolomiti riuscirebbero ad affittarle: un duplice filare, dicevamo, di questi vegetali eroi, “alti e schietti” come li definiva il buon Giosuè, al termine del quale ti trovi conficcato sulle amene pendenze (15%) di Castiglion del Bosco, nome che sa di fiaba, ma una volta tanto di quelle che Pollicino è talmente bollito che non sa neanche più dove sta di casa! Tanto per gradire si scollina al Passo del Lume spento, laddove il vostro si sarà già smorzato da un pezzo, in vista di Montalcino. “La gola chiede da bere” canta Ruggeri in “Gimondi e il cannibale”. Ma non azzardatevi a cercare dell’acqua nella patria del Brunello o verrete banditi per sempre, anche in contumacia, da tutto il territorio comunale. Fosse un comune guelfo e voi ghibellini, non vi potrebbe andare peggio. “L’acqua la ci serve per annaffiare le vigne, bischero!”.
O Brunello, o morire di sete. Non resta che riparare a Torrenieri, in fondo alla discesa, per un trancio di pizza e una resurrettiva (si dirà così?) Coca gelata. 90 km sul groppone, anzi nei bindiani garün, meno di metà percorso ed è già pomeriggio avanzato. La certezza di farcela comincia a vacillare, più di quanto uno non sarebbe vacillante dopo un paio di quartini di Montalcino. Si prosegue. La Cassia asfaltata, manco a dirlo bella ondulata pure lei, dà comunque un po’ di sollievo alla gambe. Ma è la tipica quiete prima della tempesta. Sotto con la salita di Pieve a Salti, che non interpreteremo come un complemento di luogo, bensì di modo. A salti, appunto. Su, giù, giù, su…all’infinito. Però che bello il solitario e silenziosissimo borgo medievale di Lucignano d’Asso, racchiuso fra mura e…strade bianche. Vaut le voyage, vale il viaggio direbbe la Guida Michelin. E dopo Buonconvento, spina di borgo lungo la Francigena, una delle tante località sull’antica strada dei pellegrini che si incontrano sul percorso dell’Eroica, ti toccano le micidiali Crete di Asciano.
Cosa sono ? Roba simile al pongo per fare le “belle statuine” all’asilo? Il plurale di Creta, l’isola di Minosse e il Minotauro? Degli artistici vasi etruschi provenienti da qualche necropoli? Macchè. Terrificanti calanchi, stile Maiatico (ad uso dei parmigiani) che quando ci sei su ti sembra di stare sull’ottovolante o sul calcinculo (visto il fondo stradale: non fate assolutamente come il sottoscritto che usa l’Aspide in carbonio della Selle San Marco). A salire si sputa l’anima, a scendere c’è da raccomandarla a San Galgano che è di ‘ste parti e se ne intende. Intanto qualche sparuto gregge di pecore vi osserva attonito e allibito: “Mumble, mumble, sono pazzi questi ciclisti…”. Ci credo poi che il pecorino della zona viene bene, quando il casaro col furgone va a prendere il latte dal pastore, con lo sbatacchiamento che prende sulla via del ritorno, il cacio è belle che cagliato!
Ormai sono lanciato. Sono oltre i 170 chilometri e ho superato anche gli strappi, gli zampellotti, i carattini e i mangiaebevi di Vagliagli e mi appresto a rientrare nel Chiantishire (la contea del Chianti, perchè qui son tutti inglesi). Ormai è il redde, anzi il Radda (in Chianti) rationem, ossia la resa dei conti. Son tutti seduti al ristorante perché son le otto e passa di sera a sfar giù tonnellate di fiorentine ed ettolitri di vino e io non c’ho più manco ‘na barretta. Cretino (che non è un diminutivo di creta)! Uno poi, se è sano di mente, vede il cartello Gaiole 8 km, tutti in discesa, si dice: volto e torno in albergo. Ma no, perché non sciropparsi l’ultima insopportabile salita verso Badia a Coltibuono e l’infinita ghiaiata di S. Donato in Perano? Appunto, perché no ? Perché così, invece di fare 202 chilometri, uno per sentirsi davvero un eroico deve farsi tutti i 205, tanti sono quelli del percorso lungo. Finalmente la strada diventa un filo a piombo asfaltato che da quell’incredibile borgo fortificato che è Vertìne in meno di due chilometri scende a Gaiole. Sono quasi le nove di sera e per fortuna che ad Agosto le giornate sono ancora abbastanza lunghe perché qui, invece del fanale alla partenza come capita agli eroici di Ottobre, ci vuole al traguardo. Tra soste e viaggio, più di 12 ore. Tutto bene. Tutto bene? Direi di sì, soprattutto se una volta rientrati in albergo riuscirete a fare i gradini che vi separano dalla vostra camera!

Bici sepolcrale
Itinerari "romantici" in alta Val Ceno tra Crema-dasca, Passo dei Morti, Tomba e...
Se siete un po’ pratici di letteratura, saprete che verso la fine del Settecento si sviluppò un movimento artistico chiamato Pre-Romanticismo nel quale prevaleva una curiosa tematica, ossia quella della cosiddetta poesia cimiteriale. Capolavoro del genere, la lirica “Elegia in un cimitero  campestre” dell’inglese Thomas Gray, antesignana dei “Sepolcri” del nostro Ugo Foscolo. Che allegria, eh? Noi ciclopuristi, esteti e cultori del bello ed incalliti (pre)romantici, per non farci mancare niente, vi condurremo proprio sulle tracce del foscoliano (sempre lui!) …“nulla eterno”. Contenti? Tutto sommato, crediamo di sì, anche se sappiamo che molti di voi stanno già toccando di tutto, dal legno al ferro, dalle gobbe al corno, giù fino agli zebedei. Lasciate (non ogni speranza), ma la vostra auto in quel di Bardi e una volta in sella prendete in direzione Bedonia, in breve vi troverete a Vischeto di Qua, ma sappiate che c’è anche Vischeto di Là e, visto l’argomento, probabilmente anche Vischeto Aldilà. In seguito raggiungete Pione. E fin qui tutto tranquillo, o quasi. Svoltando a sinistra entrate in Val Lecca, direzione Cremadasca. Ahihà, già quel prefisso “crema”, dopo l’apertura a Valera del Tempio del Ricordo (in parole povere, il crematorio), suona un po’ meno chantilly e mette un pelo i brividi…ma voi non vi curate di questi lugubri pensieri, tirate dritto e trascurate pure la deviazione dalle tinte funeree per Acquanera, per altro paese natale del mitico Giulio “Jules” Rossi, primo italiano a vincere la Parigi-Roubaix (1937) perché pare che il valdostano Garin quando la vinse ad inizio secolo aveva già il passaporto francese.

Passerete poi da Santa Giustina il cui monumento più importante, oltre a quello immancabile ai caduti, è la singolare cappella in pietra collocata nel cimitero.

CAPPELLA DEL CIMITERO DI SANTA GIUSTINA
Niente paura. Avanti. Evitate il bivio per Liveglia, che per assonanza ci fa pensare alla “Livella”, celebre poesia di Totò che parlava di quella nera e “simpatica signora" la quale con la sua falce livella, ossia pareggia, prima o poi tutti quanti. Evviva! Corna e bicorna, lo so. Adesso siete finalmente pronti per le ultime fatidiche rampe che portano ai 1103 metri del Passo dei Morti (sic!), così chiamato perché tanti anni fa due persone rimasero uccise fulminate durante un violentissimo temporale. Sul passo culmina lo spartiacque di questa remota ma verdissima vallata che vale veramente la pena di scoprire. Non è vedi Napoli e poi muori, ma ci va vicino… Discesa ripidissima e rapidissima, “a tomba aperta”- come diceva De Zan -su Ponteceno. Ho parlato di tomba? Per restare in tema: detto, fatto. In men che non si pensi, dopo aver attraversato Anzola e qualche tornante in salita, vi imbatterete in…Tomba, amena frazione dell’alta Val Ceno in comune di Bedonia.

Proseguendo arriverete ai 1000 metri del ridente Passo del Segalino, il cui nome pur essendo un po’ meno sinistro, non è certo rassicurante. Altra picchiata ed entrerete in Bedonia. Svoltando per il cimitero (beh, allora è un vizio!) attaccherete l’erta che conduce al Passo Colla, passando per Sambuceto, il cui nome è probabile derivi dal sambuco, pianta che grazie a Dio non ha risvolti mortuari, idem per il paese successivo, Cereseto, il quale forse ha a che fare con le cerese, ossia le ciliegie. D’ora in poi nessun ostacolo o epitaffio in più sulla vostra strada. Questa, una volta scesa nel fondovalle del Ceno, risale rapida verso Bardi, dove, nonostante tutto questo malaugurio, ci si auspica arriverete sani e salvi dopo una settantina circa di chilometri. E vi è andata bene. Pensate se qualche “buontempone”, in vena di scherzi sui toponimi di origine vegetale, dopo Sambuceto e Cereseto, avesse pensato che so, di chiamare il paese successivo…Crisantemo? Sai che scongiuri. Nondimeno un’escursione il 2 novembre, visto il caroprezzi dei fioristi in quei giorni, tutto sommato varrebbe la pena di programmarla!





2 commenti:

  1. Evviva! E' tornato! Più divertente che mai. Grazie x questi 10 minuti di ciclo-divertimento.

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  2. unico come sempre!!!!!!

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