giovedì 11 febbraio 2010

PER SEMPRE, “MONSIEUR ROUBAIX”

 IL MIO RICORDO DI FRANCO BALLERINI

Oggi trincerarsi dietro un alias o un plurale maiestatico non è possibile: domenica 7 febbraio alle ore 9 a causa di un incidente avvenuto durante una rally automobilistico in Toscana è morto il C.T. della Nazionale di ciclismo Franco Ballerini. Poche ore prima, esattamente a mezzanotte di venerdì sera eravamo con lui al Circolo Filippelli insieme a tutti gli amici del Team Filippelli-Vecchia Parma per una cena. Una di quelle tante serate conviviali che il gruppo di Via Sacco organizza ogni anno. E Franco Ballerini, reduce da un convegno della Federazione a Salsomaggiore, accompagnato da Giovanni Bia di cui era amico, è venuto proprio lì, senza snobismi e con la modestia di cui dispone solo chi possiede una vera nobiltà d’animo, per gustare la rustica ma succulenta cena che gli “chef” filippellici avevano allestito. Regnava il buon umore e il divertimento. Giunto leggermente in ritardo, gli ho portato per farmela autografare una copia del volume “Un siècle de Paris-Roubaix 1896-1996” che in copertina reca la fuga vittoriosa di Franco nell’edizione 1995, la prima delle due da lui vinte, a cui seguirà quella del 1998. Un po’ immodestamente gli ho pure fatto vedere una mia foto sul pavè del Moulin de Vertin scattata nell’edizione amatoriale che ho corso nel 2004. Franco sorrideva e sfogliava con piacere le pagine del libro che lo vedeva tra i protagonisti della mitica corsa delle pietre.



Chissà quanti ricordi e quante sensazioni dovevano passare nella sua mente rivedendo quelle immagini. Il rumore infernale del telaio che sbatte sul granito sconnesso, la polvere che turbina nell’aria, le trombe delle ammiraglie, le bandiere gialle con il leone delle Fiandre che garriscono al vento del Nord, il grido infinito della folla ai bordi della strada, l’odore aspro esalato dall’umidità della foresta di Aremberg, i nomi astrusi dei settori più impegnativi del pavè, da Troisville a Saint Python, da Quérénaing a Wallers, da Verchain-Maugre a Hornaing, da Haveluy a Warlaing, da Orchiès a Auchy les Orchiès, da Mons en Pévèle a Cysoing, dal Carrefour de l’Arbre a Gruson e infine il boato del Vélodrome. Grandioso!
L’avevo già incontrato, Franco Ballerini. Era successo nel 2005 all’edizione di quell’anno della Gran Fondo “Vittorio Adorni”. Gli avevo detto strada facendo della mia passione per la Roubaix  quando salivamo i tornanti di Piantonia insieme a Moser, mentre il campione trentino con un “appena” mi prendeva bonariamente in giro perché io, Silverio e Walter ci avevamo messo 10 ore. “Guarda Francesco che noi non eravamo mica in gruppo – gli ho risposto un po’ piccato, perché c’era la partenza alla francese!!” E Franco, con la gentilezza e la modestia che lo contraddistinguevano mi disse: “E’ vero che la TV schiaccia? Quando sei là su quelle pietre ti accorgi che c’è una bella differenza tra quello che vedi sullo schermo e la realtà”. E’ proprio così, non una parola fuori posto. Semplice, diretto, conciso e preciso. Una sintesi perfetta per una corsa che ha più di cento anni di vita ed è ormai parte integrante della Storia.


E venerdì sera l’ho potuto incontrare di nuovo. Sono corso subito col mio libro e la mia passione per questa gara che qualcuno ha definito anacronistica. Forse è proprio per questo che mi fa impazzire. Quante domande, quante impressioni. Guardando una foto in cui Tchmil non lo mollava di un centimetro, ha esclamato: “Questo era proprio un ‘cagnaccio’, veramente fortissimo”. “Perché ad Aremberg si decide la corsa?” ha chiesto Paolo Cabrini. “Non è tanto la difficoltà del pavè, ma bisogna uscire in testa per potersi alimentare prima degli altri, altrimenti se si è un po’ staccati, si rischia di essere già tagliati fuori a metà corsa” ha spiegato con chiarezza Franco. E così è trascorsa tutta la serata, tra una battuta e un bicchiere di vino sincero. Al termine, foto di rito con un po’ tutti i presenti, in particolare quella con i tre magnifici chef, rimproverati dai compagni perché non indossavano le splendide divise da cucina bordò regalate nel corso della Cena sociale del 2009. Infine, per ringraziarlo di essere venuto, il Presidentissimo o, per dirla col gergo del Deragliatore, il Gonfaloniere Claudio Folli gli ha consegnato un bel cesto di prodotti della nostra terra che Franco ha accolto con grande piacere. Mentre stava per uscire dal locale col cesto fra le mani, qualcuno per scherzo gli ha messo sopra l’involucro la mia foto…”Hanno fatto bene – ho esclamato – perchè quella è la foto di un vero campione!!!!” Franco si è girato e, prima di salutarci, sorridendo mi ha restituito l’immagine.
Quando nel 2001 Franco giunse per l’ultima volta nel Velodromo di Roubaix, si tolse la divisa della Mapei, sollevò al cielo la bici completamente infangata e tra la folla che lo acclamava mostrò una maglia che riportava incise queste due parole: “Merci Roubaix”.
“Merci Franco”, come ha scritto Alberto Dallatana sulla Gazzetta di Parma. Grazie per le emozioni che ci hai regalato, ma soprattutto per la tua umanità. Ancora una volta come usava dire Brera e come fa ancora Gianni Mura, salutandoti ti dico: ti sia lieve la terra.

4 commenti:

  1. SEMPLICEMENTE GRAZIE :-)

    RispondiElimina
  2. grazie x quest'emozione!!!!!

    RispondiElimina
  3. secondo me non c'entra molto. belo, ok, ma il deragliatore dovrebbe essere "leggero". d'interventi così ce ne sono tanti.

    RispondiElimina