mercoledì 13 luglio 2011

CINNI


L’altra sera passando in Via Montanara, altezza Pizzeria La Vela, a bordo della mia Focus (che è una bici e non una Ford, lo dico a beneficio dell’ex sindaco, al quale darò sicuramente un dispiacere), sulle strisce pedonali mi hanno attraversato due “cinni” (termine che in bolognese definisce persone di quell’età indefinibile tra l’infanzia e l’adolescenza, e tanto a caro allo scrittore Stefano Benni), uno dei quali su una di quelle mountain da Ipercoop (lo dico senza sfumature negative, sono sempre e comunque delle bici e ben vengano) ha inopinatamente declamato a voce alta: “Domani, La Polverosa!”, ignaro del mio ruolo in merito. Sorpreso mi ha sorpreso, che un “cinno” così, specialmente quelli moderni avvezzi più alla Playstation o a Pato che ai freni a tampone di Garin, avesse sentito nominare la “nostra” Polverosa; ma poi non più di tanto. Perché ? Perché, per fortuna, in un’epoca fast food come l’attuale, la forza del passaparola di nomi, persone, di libri, “cose”, tappe e storie che attingono e si circondano di un’aura mitica, leggendaria o comunque, come nel caso specifico della pedalata storica di Monticelli, meno edonistica e consumistica, funziona ancora alla grande. Come è avvenuto anche all’ultimo Premio Strega, ad esempio, dove ha vinto “Storia della mia gente” di Edoardo Nesi, un libro scritto da un imprenditore di Prato che si è trasformato in romanziere quando ha dovuto chiudere la sua tessitura a causa della globalizzazione. Già, la globalizzazione, che bel dilemma!?! Funziona dunque, si diceva, la potenza delle idee e della memoria collettiva che si trasmettono con la "semplice" disposizione ad intrattenere normalissimi rapporti umani. Come ha funzionato quando Coppi e Bartali si sono ispirati alle gesta di Ganna, del “diavolo rosso” Gerbi e del campionissimo Girardengo; come ha funzionato per Adorni e Gimondi che, a loro volta, hanno probabilmente sentito il fascino dell’ “Airone” e dell’ “Uomo di ferro”, mentre i Moser e i Saronni si sono rifatti ai due campioni della Salvarani. E così via, lo stesso è valso per Bugno e per l’unico e inimitabile “Pirata”, Marco Pantani, ultimo dei grandi (in attesa di buone nuove). Le pagine successive di questo grande romanzo del ciclismo e, più in generale della nostra vita, si stanno ancora scrivendo. Ai “cinni”, che saranno i campioni, i cicloamatori o i tifosi di domani, il comando del joystick. Già sapere che questa possibilità esiste, è una grande consolazione.




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